di Gian Gabriele Cau
Il saggio è stato pubblicato in «Sardegna Antica», a. xiv, n. 38, Nuoro, II sem. 2010, pp.19-20
Sulla edificazione dell’ex Cattedrale di S. Antioco di Bisarcio Francesco Amadu nel 1963 pubblicava una dubbia memoria, riferita in «Noticias Antigas» una tarda fonte apografa, dell’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Alghero: «Anno ab Incarnassione Domini nostri Jesu Christi 1174 naro milli et quento sesanta bator. Die prima mensis setembris fuit edifficada sa ecclesia de santu antiogu de bisarchiu sa quale edificait Juighe orgodori a onore de deus et dessa birgine maria et de santu antiogu et issa dita ecclesia fuit consegrada dae su cardinale de primis de Italia su quale cardinale consegrait sa ecclesia de santa maria de crasta de oganu et de santu antiogu de bisarchiu et de santu pedru de nurqui et de santu joanne de bonorva et de santu florensu de paules et de santa maria de coro set de santu miali de furiguesos et isu ditu cardinale»[1].
Il documento sin da subito apparve destinato a suscitare nella storiografia maggiori problemi di quanti si sperava potesse risolverne. In primis, l’anno della costruzione dichiarato in cifre (1174) pareva smentire quello espresso in caratteri (1164); in secondo luogo, in quegli anni non sedeva sul trono di Torres Torchitorio, ma Barisone ii; terzo: tra le chiese consacrate nella stessa circostanza si annovera anche la chiesa di S. Pietro di Nurchi identificata in S. Pietro delle Immagini presso Bulzi, edificata tra il 1110 e il 1120 e la cattedrale di N.S. di Castro, rappresentativa del «prototipo di talune chiese innalzate nel territorio, dal S. Demetrio di Oschiri (consacrata nel 1168) alla N.S. di Otti e alla S. Maria di Coros a Tula, già esistente nel 1176»[2], quindi fondate prima della stessa N.S. di Castro a cui, invece, si sarebbero omologate. Gli elementi del sospetto e dell’inattendibilità c’erano tutti o quasi.
L’epigrafe consacratoria del S. Antioco di Bisarcio (1164) di Giovanni Thelle vescovo bisarchiense
Una proposta per una possibile risoluzione dell’arcano giunse nel 2003 da parte di Giuseppe Piras autore della scoperta di una epigrafe graffita in un concio all’esterno della parete di fondo della navatella settentrionale della chiesa di S. Antioco, recante in caratteri onciali l’anno 1164 e il nome del vescovo Giovanni (Thelle), allora in carica. Per lo studioso la fonte apografa sarebbe da leggersi «1174», e quel «1164» epigrafico sarebbe relativo ad «un momento dei lavori di ricostruzione della chiesa (probabilmente l’avvio)»[3]. L’odierno riesame della scritta sul paramento esterno con l’inedito, risolutivo rilievo di alcuni caratteri in corpo minore – «finem [h]abuit» – segna alcuni punti fermi per una revisione cronologica. I due termini sono graficamente posti in croce; all’apice, su una riga superiore, è una «f» ruotata in senso orario di 70 gradi circa; seguono, tra le lettere «ab» e «uit», una «i» ruotata di 110 gradi circa e un segno del sistema brachigrafico medioevale, nella morfologia simile al «3», che è l’abbreviatura di «nem»[4]. Nel disegno che emerge, quasi delle parole crociate ante litteram, è facile vedere un rimando alla croce che di norma accompagna le epigrafi consacratorie, come quella apposta da un altro vescovo di Bisarcio, Donato, sull’antica chiesa di S. Lucia ad Ozieri, nell’ultimo quarto xiv secolo[5]. Nella sua chiarezza lapidaria, l’epigrafe così corretta: «mclxiiii joh[anne]s ep[iscopu]s finem [h]abuit» (‘nel 1164, essendo vescovo Giovanni [la chiesa] ebbe termine’), smentisce le conclusioni tratte dal Piras e fissa nel 1164 un termine categorico, per il compimento dei lavori del corpo principale della fabbrica, consacrazione inclusa.
Il sottostante ampio tratto di un arco che insiste su di una linea temporale, definisce uno spatium, un arco di tempo delimitato da un’alfa maiuscola (a) all’estremità inferiore sinistra (inizio) e da un punto ben marcato all’opposto diametrale, dove l’omega (termine) è sottinteso dal sovrastante ‘finem habuit’[6], che graficamente esprime il concetto di un’opera concepita e portata a compimento durante il presulato di Giovanni Thelle, i cui termini, sinora documentalmente fissati tra il 1170 e il 1179[7], devono necessariamente essere anticipati di almeno dieci anni da quel 1164, in un momento appena seguente l’episcopato di Mariano Thelle, suo probabile immediato predecessore e possibile fratello, documentato tra il 1139 e il 1146/47.
Il dato non può invece essere esteso all’altare della galilea, che nell’epigrafe dedicatoria della cappella riporta il nome di un s. Tommaso arcivescovo e martire, nel quale Francesco Amadu nel 2004 ha creduto di riconoscere s. Tommaso Becket arcivescovo di Canterbury, martirizzato nel 1170 e canonizzato nel 1173, tempo quest’ultimo che fissa un altrettanto valido termine post quem per la costruzione del portico sopraelevato, indicato da Raffaello Delogu e da Renata Serra negli anni 1170-90. Il portale laterale destro, infatti, rileva la studiosa, venne accecato in corso d’opera, «generando un’asimmetria poco funzionale e non facilmente giustificabile, se non si ammette che già si prevedesse un portico monumentale»[8].
[1] archivio del Capitolo Cattedrale di Alghero, Noticias antiguas, tomo I, 1/1, c. 69r.
[2] R. Serra, La Sardegna [‘Italia romanica’, x], Milano 1989, p. 406.
[3] G. Piras, Le iscrizioni funerarie medioevali nella basilica di S. Gavino: contributi preliminari per una rilettura, in G. Piras (a cura di), ‘Il Regno di Torres 2. Atti di «Atti di Spazio Suono» 1995-1997’, Muros 2003, p. 332.
[4] A. Cappelli, Lexicon abbreviaturarum. Dizionario di abbreviature latine ed italiane, Milano 2001, p. xxxiii.
[5] G. G. Cau, L’epigrafe di Donato vescovo di Bisarcio. In una iscrizione del Trecento la fondazione della chiesa di S. Lucia ad Ozieri, Voce del Logudoro», a. lix, Ozieri, 17 gennaio 2010, p. 5 (I parte); 24 gennaio 2010, p. 5 (II parte).
[6] Il disegno presenta elementi di analogia con un arco temporale, nella fattispecie un emiciclo inferiore chiuso, con un’alfa, un’omega crociata e la croce inscritte, sull’esterno dell’architrave del portale d’ingresso della chiesa abbaziale di S. Maria a Arles-sur-Tech (sec. xi), nella Linguadoca-Russiglione, in Francia.
[7] R. Turtas, Storia della Chiesa in Sardegna dalle origini al Duemila, Roma 1999, p. 875.
[8] R. Serra, La Sardegna, cit., p. 268.