Premio OzieriPremio Ozieri di Letteratura Sarda 

Il Fregio dell’Apocalisse nel Sant’ Antioco di Bisarcio

di Gian Gabriele Cau

 

Lo studio dei tratti iconografici superstiti e maggiormente dell'iconologia della fascinosa ed esuberante decorazione scultorea del prospetto di facciata del S. Antioco di Bisarcio, nella Piana di Ozieri, è un processo lento,

neppure compiuto, avviato nella storiografia della seconda metà del XIX secolo. In questa sede, l'autore propone una nuova lettura del fregio dell'archivolto a sinistra del prospetto di facciata. Alla luce di tratti iconografici sin qui inediti, si cercherà di dimostrare come taluni spunti che regolano i rapporti tra i differenti soggetti siano indubbiamente riconducibili a una stessa unità narrativa, individuata in alcuni passi dell’Apocalisse di San Giovanni.

 

 

L'affresco della Crocifissione di Bisarcio

di Gian Gabriele Cau

 

In un saggio sulla Chiesa cattedrale dell'antica Bisarcio, apparso in un numero del "Bullettino Archeologico Sardo" (n. V-VI, 1859-1860) Giovanni Spano per primo documentava "traccie d'una pittura a fresco". La curiosita' innescata dalle osservazioni del canonico di Ploaghe ha suggerito un sopralluogo in cui si rivelato qualche frammento dei dipinti murali, i soli su una parete esterna in un tempio isolano.

 

 

L'Epigrafe di Donato vescovo di Bisarcio (1371-1386 circa)

di Gian Gabriele Cau

 

Donato vescovo agostiniano di Lepanto e' chiamato ad amministrare la Diocesi di Bisarcio negli stessi anni che segnarono la fine dell' esilio del papa ad Avignone (1379) e l' inizio dello Scisma d' Occidente (1378-1417) che vide due serie di papi, due amministrazioni cultuali, due collegi cardinalizi in contrasto tra loro per quarant' anni. Durante il suo episcopato consacra l antica chiesa tardomedioevale di S. Lucia a Ozieri, di cui avanza l' epigrafe consacratoria, contaminata da una scritta in italiano che ne aveva alterato e compromesso la lettura.

 

 

La Formella longobarda e la Protome romanica del Sant'Antioco di Bisarcio (VIII-IX sec.)

di Gian Gabriele Cau

 

Lo studio si sofferma sull’analisi di due rilievi tra i più antichi dell’iconografia del Patrono della Sardegna nella facciata della chiesa di S. Antioco di Bisarcio, in agro di Ozieri: una formella riconducibile a un ambito culturale longobardo, prudenzialmente alla seconda metà dell’VIII – prima metà del IX secolo, e una protome romanica databile al 1170/90 circa. Il primo, indubbiamente il più interessante, dimostra il singolare episodio dell’attività in loco di un lapicida affascinato e condizionato dall’arte longobarda, in una Sardegna dominata da Bisanzio, ma culturalmente abbandonata a se stessa. e riflette un linguaggio nuovo, che dal tardo antico si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo.

 

 

L’epigrafe consacratoria del S. Antioco di Bisarcio (1164) di Giovanni Thelle vescovo bisarchiense

di Gian Gabriele Cau

 

La completa lettura di una epigrafe consacratoria graffita in un concio all'esterno della parete di fondo della navatella settentrionale della chiesa di S. Antioco, recante in caratteri onciali lanno 1164 e il nome del vescovo Giovanni (Thelle), allora in carica, fissa un preciso termine per la datazione del tempio. Un ampio tratto di un arco che insiste su di una linea temporale graficamente esprime il concetto di un'opera concepita e portata a compimento durante il suo presulato.

 

 

Il Santo Stefano barbato e il Capitello del Trionfo di Cristo sul basilisco

di Gian Gabriele Cau

 

Nella primavera del 2004, nel corso di un intervento di consolidamento del rudere dell’episcopio di Bisarcio, è stata rinvenuta la testa litica, tardo romanica di una figura maschile, riconducibile ad un ambito borgognone, poi rivelatasi essere, per l’attributo del sasso della lapidazione in capo, quella di un S. Stefano barbato. La rara iconografia ha poche occorrenze in Europa, tutte nel sud della Francia. Essa discende direttamente dalla visione iconologica del martire, tracciata da s. Agostino nella sua Esposizione sul Salmo CXXXII. Ad uno stesso artefice va ricondotto il Fregio del Trionfo del Cristo sul basilisco sul pilastro presbiteriale nord, nel quale compare il ritratto realistico del giudice di Torres Barisone II, committente della fabbrica. L’accostamento tra il Cristo e Angeli e il basilisco (il più antico documentato in Sardegna) rimanda ai versetti 11, 12 e 13 del Salmo XCI, di cui il rilievo è traduzione plastica.

 

 

Il ritratto litico del giudice committente in talune chiese dell'Arborea e di Torres, tra XII e XIV secolo

di Gian Gabriele Cau

 

L’analisi dei rilievi interni dell’abside della chiesa tardoromanica di San Pietro di Zuri (1291) presso Ghilarza è l’occasione per un aggiornamento e una riflessione sullo stato degli studi di una serie di ritratti litici, inediti o poco indagati, di giudici sovrani dell’Arborea e di Torres, tra XII e XIV secolo. Attraverso un fitto sistema di rimandi iconografici e corrispondenze iconologiche tra rilievi pertinenti più chiese isolane, si intesse un canovaccio sul quale si va definendo lo stereotipo della figura del giudice committente, del donnicello, di altri reali e, non di rado, del vescovo che assiste la fabbrica fino al momento della sua consacrazione. Il quadro che emerge è ricco di novità, di stimolanti, inedite iconografie di sovrani e altri reali (oltre venti), quale il Mariano ii di Arborea in veste di un novello Eracle o di un esorcizzante San Michele, e di strepitose invenzioni come l’albero-araldico/albero-genealogico dell’Arborea e dei Bas-Serra, fino ad un Barisone ii giudice di Torres con in capo una corona e una gemma con il graffito della torre emblema del suo regno.

 

 

Epigrafia Giudicale. Sant’Antioco di Bisarcio: un’epigrafe commemorativa (1190-95)

di Gian Gabriele Cau

 

La singolare epigrafe graffita al primo piano della galilea della chiesa romanica di S. Antioco di Bisarcio in agro di Ozieri (SS) in Sardegna, rivela, in forma di croce e con l'ausilio di alcuni disegni, gli anni della costruzione della galilea e della torre campanaria ad opera del cistercense magister Paulu, durante l'episcopato di Pietro II : «1190/5 H(AEC) ME FECIT XP PETRI P(ISCOP)U E(T) Q(UOD) MAGI(S)T(E)R P(AT)ER PAULU EXCRYAVYT B(ASILICAM) (DICATAM) S(AN)C(TO) A(NTIOCH)O ET M(ART)IRUM S(ANCTAE) ECCLESYAE † (CHRISTI)». “Nel periodo 1190/95 mi fece queste cose il vescovo Pietro e per queste il maestro Padre Paolo ampliò la cattedrale di Antioco santo e dei martiri della Santa Chiesa di Cristo”. Sarebbe questa la prima attestazione dell'uso di caratteri arabi in Sardegna.

 

 

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