Premio OzieriPremio Ozieri di Letteratura Sarda 

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di Stefano Tedde

La tipologia dell'abitazione semplice di Ardara persiste ormai solo in qualche esemplare, sopravvissuto alla filosofia iconoclasta che ha caratterizzato il piccolo centro del Logudoro negli ultimi venti anni e che vedeva in una vecchia casa fatiscente un elemento pericoloso alla pubblica incolumità, e quindi da radere al suolo.

 

Secondo l'inquadratura fornita dal geografo Maurice le Lannou, la casa logudorese è caratterizzata dalla perdita dello spazio vuoto e dalla sua contrazione a vantaggio del pieno, a differenza delle case introverse del Campidano o a quelle sviluppate in altezza dei centri montani. L'abitazione ardarese non fa eccezione a questa etichetta, costituita da un vano (più raramente due) al piano terra, ed un ambiente rialzato di modeste dimensioni (s'apposentu).

  La peculiarità che la evidenzia è quella di essere costruita in gran parte con i conci squadrati e bugnati, in calcare o in trachite, provenienti dai ruderi del Palazzo Giudicale: l'archeologo Giovanni Spano, nel febbraio 1860 riferisce che la distruzione dell'antico castello "deve ripetersi, non tanto dalla smania di cercar tesori, e dall'ingordigia dei proprietari di case togliendo i materiali da ogni parte, quanto dall'impresario della casa comunale e della scuola elementare il quale togliendo i massi quadri del quale è rivestito, determinò il crollo di più della metà [...]".

Ruderi della fortezza giudicale incastonati in un muro perimetrale di un'abitazione lungo la via Vittorio Emanuele

  

La storia che vede nell'antico castello giudicale una Bastiglia da abbattere durante l'ondata di moti antifeudali sul limitare del XVIII secolo deve essere rivista, in quanto invece costituì una cava di materiale pronto all'uso. I recentissimi scavi archeologici hanno permesso di evidenziare, tra l'altro, le impronte sulla malta dei grossi conci prelevati, che hanno lasciato completamente spoglio il sacco delle strutture murarie le quali richiedono un intervento urgente di consolidamento.

L'elemento minimo abitativo presenta numerose inserzioni di blocchi squadrati e bugnati (le dimensioni sono le più varie, andando da cm 25x25x30 a cm 60x30x38 ecc.) che ritroviamo, non solo nelle fasce laterali, ma anche nelle pareti degli alzati, inframmezzati alle sottili pietre calcaree locali.

 

  1. stipiti e pietre angolari realizzate con i conci trachitici;
  2. residui di centinatura;
  3. architrave in legno;
  4. architrave in pietra scolpita;
  5. aggetto di gronda con doppia orditura di coppi;
  6. orditura con arcareci e travi di legno;
  7. manto di copertura in coppi collocati su impalcato di canne;
  8. sa lòriga

Disegno schematico raffigurante la casa minima costituita da conci sottratti alle mura del palazzo giudicale e con pietre calcaree locali.
(dis. Stefano A. Tedde)


  L'architrave che presenta l'abitazione minima è in pietra, spesso decorata: venivano probabilmente scelti quei manufatti che presentavano motivi fitomorfi di matrice bizantina, come si può osservare in una fatiscente abitazione sita il largo Adelasia; in altri casi si è preferito usare travi di legno, specialmente per finestre a luce modesta. A volte compaiono centinature o residui di volute coperti da generose mani di cemento; nella facciata è presente spesso sa loriga, grosso anello di pietra per legare con funi buoi, asini o cavalli. Gli alti elementi costitutivi della dimora semplice ardarese non si discostano dalle altre case del Logudoro-Meilogu avendo un aggetto di gronda con doppia orditura di coppi visibili in facciata, il tetto è costituito da un'orditura con arcarecci e travi di legno, i coppi sono collocati su un impalcato di canne.

  Le case che invece si snodano lungo via Isabella Scanu costituiscono un modus abitativo a sé: hanno ambienti piuttosto vasti (camere di quasi 120 mq in certi casi) che forse corrispondono agli "amplissimus aedibus" che lo storico G. F. Fara vide alla fine del 1500. In effetti, la media economica della popolazione è stata sempre piuttosto bassa e quindi non ci si poteva permettere l'edificazione ex novo di vasti ambienti, ma si costruiva sul preesistente, quindi, in questo caso, su magazzini o depositi del periodo giudicale (stesso discorso si potrebbe fare per il Municipio, eccessivamente sviluppato in altezza per il periodo in cui fu costruito). Inoltre alcune abitazioni poste lungo la predetta via hanno pozzi e cisterne al loro interno. Ardara non presenta "sos palattos" come altri centri limitrofi, forse proprio per le modeste tasche degli abitanti, assoggettati al prepotente vassallaggio degli ozieresi. L'unico esempio di casa appartenente alla neoborghesia rurale è la dimora del sacerdote Antonio Carta, edificata nella seconda metà del XIX secolo, costituita da 4 vani al piano terra, 4 al piano superiore e 4 al secondo piano, collegati da una scala interna che si sviluppa al centro dell'edificio, in apposito vano.

  Le abitazioni che nascono agli inizi del XX secolo, lontano dal castello (nella parte di paese che veniva chiamata "carrelas de josso"), sono quasi totalmente prive di conci squadrati, evidentemente non conveniva trasportare le poche vestigia litiche medievali per tutto il borgo. Curiosamente l'attuale declino in cui versa la chiesa di Santa Croce (edificata alla fine dell'Ottocento) ci regala la vista di una serie di conci che costituiscono lo zoccolo perimetrale del tempio: ci si chiede se un'attenta lettura stratigrafica può rivelarne la provenienza (dalla distrutta cappella castrense o dal palazzo giudicale?).

 

  

Concludendo possiamo affermare che neanche Ardara è rimasta immune a quel cancro moderno che intacca e sostituisce l'antica edilizia della pietra: ecco che nella periferia, nelle nuove aree fabbricabili, o peggio ancora, vicino alla basilica di Nostra Signora del Regno sorgono villette civettuole, case pretenziose, riadattamenti in stile falso moresco o pseudoclassico, dai colori accesi e di un kitch spaventoso. Dov'è finita la pietra dei nuraghi, dei dolmen, delle chiese, degli ovili, dei muri a secco? Perché non reinvestire sul tessuto litico, magari affidandosi a contributi e a indennizzi che ogni tanto appaiono tra le poltrone della Regione Sardegna?

 

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Il Premio Ozieri di letteratura sarda fu fondato nel 1956.
Esso risulta, quindi, il premio letterario con più lunga attività a favore della cultura sarda.

Il progetto culturale del premio mirava, attraverso un reale raccordo con la società isolana, a rafforzarne l'identità, orientandola nella direzione di una crescita organica, riprendendo il filo di un discorso remoto e mai interrotto di attivare un canale di letteratura scritta, che era stato seguito con tenacia per tutto il Settecento e l'Ottocento e che il fascismo aveva tentato di reprimere.

Questo progetto è venuto poi lentamente maturando nel tempo per l'opera attiva di alcuni intellettuali sardi. Il suo percorso è agevolmente verificabile attraverso i due volumi che sono stati pubblicati nel 1981 in occasione del venticinquesimo anno e di quelli editi successivamente.

L'iniziativa ha rappresentato una vera e propria riforma che ha investito la comunicazione letteraria, orale e soprattutto scritta in Sardegna e ha avuto straordinari effetti nella conservazione e nella ripresa della lingua sarda. Ha indicato criteri ortografici più accettabili, ha contribuito a renderli stabili nell'uso ed ha costituito un modello di grande efficacia in tutta l'Isola, nella quale si è assistito ad una proliferazione di premi consimili.

Il proposito ed il risultato culturalmente più importante del Premio Ozieri è stato quello di riaffermare la funzione della lingua sarda nella società sarda e, quindi, di determinarne la ripresa e la circolazione letteraria.

Ciò al fine, anche, di farne constare la rilevanza a livello nazionale, dal momento che denota la ricchezza culturale di una società che cresce nel pluralismo e nella democrazia effettiva.

Ma il Premio Ozieri non fu soltanto un premio letterario sia pure di vasta e qualificata partecipazione. Esso svolse un ruolo che oggi possiamo correttamente collocare in una prospettiva storica.

Intorno al Premio si svolsero dibattiti e si coagulò una sempre più diffusa consapevolezza dei temi centrali, non solo, quindi, linguistici e letterari, della "questione sarda". In un quadro in cui la Sardegna scontava le conseguenze della sua perifericità e della sua marginalizzazione, il Premio operò come ininterrotto richiamo alle ragioni della specificità isolana, attraverso un uso "politico" dell'attività poetica come momento di riflessione e di rilettura attorno ai problemi della Sardegna.

Quest'azione ha così finito per contribuire - insieme, naturalmente, ad altri fenomeni e ad altre condizioni di ordine politico, economico e sociale - alla nascita di quella nuova stagione dell'autonomismo sardo, in cui acquista centralità il rapporto dialettico tra la specificità regionale della Sardegna e le altre specificità regionali presenti nel Paese e, più ancora, il rapporto fra la Regione e lo Stato come momento di massima articolazione democratica della Repubblica delle Regioni.

Il Premio ha anche raccolto, in mezzo secolo di attività di puro volontariato, un vasto patrimonio di testi letterari, di documentazione sugli autori, di carteggi, di documentazione fotografica, videografica e sonora che oggi costituisce un importante giacimento documentario che non può assolutamente essere disperso, ma deve anzi essere tutelato, salvaguardato, restaurato, razionalmente conservato coi criteri di archivio-museo multimediale e reso disponibile alla fruizione pubblica degli studiosi, dei letterati e degli appassionati.

Altro materiale viene consegnato al Premio, con continuità, da parte degli autori e dei soggetti che a vario titolo lo detengono.

 

 

Novità

NOVITA'

Epigrafia Giudicale. Sant’Antioco di Bisarcio: un’epigrafe commemorativa (1190-95)

 di Gian Gabriele Cau

 

Il saggio è stato pubblicato in  «Sardegna Antica: culture mediterranee», n. 50 (2016), pp. 35-42.

 

 

In una precedente occasione, sulle pagine di questa rivista, si è trattato di una iscrizione graffita nella chiesa di S. Antioco di Bisarcio, in agro di Ozieri. Si presentò, allora, uno studio sull’epigrafe

NOVITA'

Un inedito simulacro del Cristo Risorto (1780 circa) di Giuseppe Antonio Lonis, nella chiesa di S. Lucia di Ozieri

di Gian Gabriele Cau

 

Nel primo numero della «Voce del Logudoro» di quest’anno (VdL 22 gennaio) si dava notizia di cinque inediti simulacri del patrimonio di arte sacra di Ozieri, attribuiti, sulla base dell’analisi stilistica, a Giuseppe Antonio Lonis concordemente considerato dalla critica il massimo rappresentante dell’arte scultoria in Sardegna della seconda metà del Settecento.

Eventi e Iniziative

PRIMO PIANO

61^ EDITZIONE: PREMIASCIONE ONLINE!

SAPADU SU 27 DE FREARZU, A ORA DE SAS 17,00 PREMIASCIONE CUN DIRETTA ONLINE YOUTUBE DE SA 61^ EDITZIONE DE SU PREMIU OTIERI

Pro bider sa diretta clicca custu: Youtube Premio Ozieri

OTIERI: SA PATRIA DE SA POESIA

PRIMO PIANO

SEMIFINALE POETRY SLAM SARDEGNA 2020

col patrocinio del Premio Ozieri di Letteratura Sarda ed il Comune di Ozieri, ospiteremo la Semifinale del Poetry Slam Sardegna.

Venerdì 11 settembre, CAMPETTI SAN GAVINO, ORE 20,00 - Ingresso libero
(ATTENZIONE: IN CASO DI MALTEMPO L'EVENTO SI TERRA' AL TEATRO CIVICO "ORIANA FALLACI")
L'evento è parte integrante del ricco programma della 61^ edizione del premio Ozieri di Letteratura Sarda ed inserito nel cartellone della manifestazione “ESTIAMO IN PIAZZA 2020”, organizzata dal comune di Ozieri.

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61^ EDITZIONE: SOS PREMIADOS

PREMIO OZIERI - 61a Edizione 2020

 

V E R B A L E    D E    S A    G I U R I A

 

Sos premiados

Setzione 1 - Poesia Sarda «Antoni Sanna»

  1. Giovanni Fiori: In su montiju meu
  2. Gian Bernardo Piroddi: Comente artizaias tue
  3. Pier Giuseppe Branca: Istadera de su mundu

 

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60^ EDIZIONE - MANIFESTAZIONE PUBBLICA CONCLUSIVA

60^ EDIZIONE - MANIFESTAZIONE PUBBLICA CONCLUSIVA, PREMIAZIONE DEGLI AUTORI E RECITA DEI LAVORI.

OZIERI, SABATO 29 FEBBRAIO 2020 - TEATRO CIVICO "ORIANA FALLACI", ORE 15,30

Ospiti:

i poeti premiati nelle 3 sezioni del bando, Banda Brigata Sassari, Giuseppe Meloni (storico), Salvatore Ligios (fotografo/editore),

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